martedì 12 agosto 2008

Un copiato su amore, esistenza e libertà



AMORE -ESISTENZA-LIBERTA'

Questi concetti vorrei penetrali a fondo, ma mi limito a vivere.

E a leggere.

E a copiare qui qualcosa che mi ha fatto riflettere, o che mi ha, anche inconsapevolmente, segnato.

Ecco un brano dal cap. terzo de "L'età forte" di Simone de Beauvoir, che ho letto tanti anni fa.

"A Sartre piaceva molto stare all'Istituto, luogo in cui aveva ritrovato la libertà, e, in certa misura, il cameratismo che gli avevano reso così cara l'Ecole Normale. Inoltre, vi legò una di quelle amicizie femminili alle quali dava tanto valore. Uno dei borsisti, appassionato di filologia ma del tutto indifferente alle cose dell'amore, aveva una moglie che tutti all'Istituto trovavano affascinante. Marie Girard s'era trascinata per molto tempo per il Qurtiere latino; alloggiava in alberghetti miserabili, e le capitava di restarsene ritirata in camera sua per settimane, a fumare e a sognare; non riusciva assolutamente a capire che cosa fosse venuta a fare sulla terra; viveva alla giornata, brancolando in una nebbia squarciata di quando in quando da qualche ostinata evidenza; non credeva alle pene del cuore: erano pene di lusso, pene da gente ricca; le sole vere infelicità, per lei, erano la miseria, la fame, il dolore fisico; quanto alla felicità, la parola non aveva senso per lei. Era carina, sorrideva lentamente, con molta grazia; i suoi stupori pensosi ispiravano a Sartre una viva simpatia; ella ne provò per lui; convennero che i loro rapporti non potevano avere alcun avvenire, ma che il presente bastava, e si vedevano spesso. La conobbi; mi piacque, e non provai a suo riguardo alcuna gelosia. Pure, era la prima volta da quando ci conoscevamo, che Sartre prendeva in considerazione un'altra, e la gelosia non è un sentimento ch'io disprezzi e di cui sia incapace. ma questa storia non mi prendeva alla sprovvista, nè sviava l'idea che m'ero fatta della nostra vita, poichè fin da principio Sartre m'aveva avvisata che avrebbe avuto delle avventure. Avevo accettato questo principio, e accettavo il fatto senza difficoltà; sapevo fino a qual punto Sartre fosse teso al fine che governava tutta la sua esistenza: conoscere il mondo ed esprimerlo; avevo la certezza di esservi così strettamente associata che nessun episodio della sua vita poteva frustrarmi."
Simone de Beauvoir, scrittrice, filosofa e femminista francese, fu compagna di Sartre, di vita, e di pensiero. Lei scrisse molto di lui, e del suo rapporto con lui. Non si sposarono, nè convissero mai, se non per brevi periodi. Entrambi ebbero anche altre storie, anche importanti. Ma il loro legame durò tutta la vita di entrambi. Dopo la morte di Sartre lei scrisse La cérémonie des adieux, in cui molta parte è occupata dalla rievocazione del loro rapporto. Per Sartre "l’amore è, almeno progettualmente, la realizzazione dell’unità di io e altro. Per Sartre l’amore è fondamentalmente un voler essere amato e la volontà di essere amato è così la volontà di valere per l’altro come l’infinito stesso (Essere e nulla, pp. 436-37). Per questo è necessario che l’altro permanga libertà, ossia pura soggettività e non venga ridotto a cosa (ibidem, p. 455); in questo modo però ci si scontra con l’impossibile reciprocità di questo rapporto (ibidem, p. 444). Lo scacco è inevitabile. E anche l’atteggiamento masochista, cioè l’autoriduzione ad oggetto, è impossibile perché il volere questa condizione già la rende soggettività (ibidem, pp. 346-47). Questo scacco è rappresentato anche dalla dinamica del rapporto sessuale in cui l’impossibilità di possedere l’altro ad un tempo come trascendenza e come corpo sfocia inevitabilmente nel sadismo (ibidem, pp. 463-64 e 469). Per quanto sia un romanticismo consapevole del suo scacco, quello di Sartre è comunque ancora l’ideale romantico del progetto della fusione assoluta fra due infiniti." (copiato da qui)

Basta. Mi fermo. Non vado oltre. Ho messo queste brevi note sulla De Beauvoir e su Sartre solo per capire un po di più, dell'amore e della libertà, e di come si possano "coniugare" in un rapporto reale, non solo "teorizzato".

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Eccomi di ritorno a Yvelines.
In mia assenza vi sono state fanciulle da salvare o draghi da ammazzare?

Un detto sull'amore e libertà, da me carpito nei luoghi esociti, recita “un falco e un delfino possono innamorarsi follemente tra loro, ma non potranno mai costruire un nido insieme”

Ercole Savignano, per voi semplicemente Cyrano

l'altra effe ha detto...

Ciao Cyrano, bentornato! :)
"un falco e un delfino possono innamorararsi follemente tra loro, ma non potranno mai costruire un nido insieme": l'ho riscritto per marcarlo ancora di più, pure nella memoria, la mia. Bellissimo detto!
Grazie davvero, per il commento e per la riflessione.
Alla prox (anche se è un periodo in cui aggiorno pochissimo il blog)
F.

Anonimo ha detto...

In tema d'amore libero/prigioniero, la poesia di Rabindranath Tagore appare tagliata su misura.

Eccola tradotta dall’inglese/indiano.

L'uccello prigioniero nella gabbia,
l'uccello libero nella foresta:
quando venne il tempo s'incontrarono,
questo era il decreto del destino.

L'uccello libero grida al compagno:
«Amore mio, voliamo nel bosco!»
L'uccello prigioniero gli sussurra:
«Vieni, viviamo entrambi nella gabbia».
Dice l'uccello libero.- «Tra sbarre,
dove c'è spazio per stendere l'ali?»
«Ahimè - grida l'uccello nella gabbia -
Non so dove appollaiarmi nel cielo».

L'uccello libero grida:
«Amore mio, canta le canzoni delle foreste».
L'uccello in gabbia dice:
« Siedi al mio fianco,
t'insegnerò il linguaggio dei sapienti ».
L'uccello libero grida: «No, oh no!
I canti non si possono insegnare».
L'uccello nella gabbia dice: «Ahimè,
non conosco i canti delle foreste».

Il loro amore è intenso e struggente,
ma non possono mai volare assieme.

Attraverso le sbarre della gabbia
si guardano e si guardano, ma è vano
il loro desiderio di conoscersi.

Scuotono ansiosamente le ali e cantano:
«Vieni vicino a me, amore mio!».

L'uccello libero grida:
«E' impossibile, temo le porte chiuse della gabbia».
L'uccello in gabbia sussurra.- «Ahimè,
le mie ali sono morte e impotenti».

Hercule Savinien de Cyrano de Bergerac

l'altra effe ha detto...

Sei unico, Cyrano! :) La scelta di questa poesia è molto azzeccata!
Il concetto è lo steso di quel detto che mi hai riportato prima: l'impossibilità di una convivenza tra un delfino e un falco.
Io non conoscevo questa poesia di Tagore, dunque apprezzo ancora di più.
Grazie,
F.

Anonimo ha detto...

Merci!

Cyrano

Anonimo ha detto...

E di questo video che ne dici ?
http://www.youtube.com/watch?v=NIqHJSDY3S8

Cyrano

l'altra effe ha detto...

Scusami Cyrano, ho visto il tuo commento solo ora. Da quando ho tolto la moderazione ai commenti a volte nemmeno mi accorgo subito che ce ne siano..Ma ho rimediato vedendo immediatamnete il video! :) Bravo De Crescenzo, anche lui esprime il suo punto di vista flosofico sulla tensione amore-libertà molto efficacemente e "coloritamente" :)
Grazie per la segnalazione e una buona giornata per domani
F.